L’arte non è morta

L’arte è forse morta? Questa mostra pare smentire il luogo comune.

Infatti ogni manifestazione artistica è intrinseca alla storia dell’umanità ed è l’espressione più immediata dello spirito.Può forse stupire, se mai ,che vi sia ancora oggi chi intende dare all’arte se non una missione il compito di essere di stimolo, di guida dopo il tanto parlare di informale, di astratto, di rottura degli schemi ecc.
Dopo il dadaismo, la pop art, il post moderno, ecco infatti apparire con questo giovane artista pavese laureato a Brera anche un ritorno al figurativo e ai grandi temi del simbolismo, segno indubbio che l’arte fatta di preparazione, talento e padronanza del mestiere, non può esse-re solo protesta, provocazione, casualità e sberleffo ma anche e soprattutto riflessione esistenziale.
Vuol dire che certi temi che parrebbero sepolti per sempre riaffiorano dopo che si è toccato il fondo, come dimostrano le ultime edizioni della Biennale veneziana. Ce ne rallegriamo.
Antonio De Paoli ha lasciato la professione di scenografo prima alla Fininvest e poi alla RAI per seguire coraggiosamente la sua irresistibile vocazione che ha coltivato fin da ragazzo, mettendo su bottega in una cappella seicentesca uno Studio d’arte che sta riscuotendo successo perché il suo titolare sa usare il pennello come la stecca e il bulino, possedendo una versatilità non comune per i nostri tempi dove la superficialità e l’improvvisazione sono tanto diffusi.
Il suo nome è conosciuto ormai al di fuori della sua provincia.
In pochi anni non solo città e paesi si sono abbelliti grazie a lui, con sculture in bronzo e in cotto, statue, busti, dipinti e persino altari, ma anche con restauri, scenografie e nuovi esercizi.
Infatti questo poliedrico artista è anche capace di realizzare architetture d’interni progettando artistici caffè, scolpire medaglie, inventare sempre cose nuove.
Tutto è cominciato meno di un decennio fa quando l’arciprete di Casorate primo gli ha commissionato un lavoro di restauro nella chiesa di San Vittore. Eseguito questo, ha sentito dal committente dell’esistenza di un suo ambizioso progetto di realizzare di bel nuovo degli affreschi nel catino centrale e nelle due cappelle laterali che però presentava grossi problemi di armonizzazione con i preesistenti dipinti nelle tre navate .
De Paoli accettò la scommessa con sé stesso e disse che ci avrebbe pensato lui e di fatti in alcuni mesi realizzò uno straordinario ciclo’di dipinti che lasciarono a bocca aperta i parrocchiani: la Genesi, la Natività, Gesù prima della cattura, la Resurrezione e sull’abside nientemeno che il Paradiso, tutti temi capaci di far gelare il sangue nelle vene.
In seguito nella stessa chiesa eseguì quattordici altorilievi della Via Crucis e infine le sei grande porte in bronzo del Giubileo tanto lodate dal card. Martini e da mons. Ravasi che le inaugurarono.
Se le pitture erano un trionfo di forme e di colori perfettamente integrate con il resto, degne di un grande maestro del passato per la loro forza espressiva e originalità, le sculture nonerano inferiori a quelle di Arturo Martini. Seguirono così altri suoi lavori nel nuovo Oratorio che gli fecero maturare la decisione di seguire questa strada che si rivelò fruttuosa e che tra l’altro gli permise di realizzare in seguito a Lungavilla le statue a grandezza naturale di San Luigi Orione e San Luigi Versiglia e a Pavia un altorilievo bronzeo commemorativo della Torre Civica.
Ora sta preparando un altro portale per il Sacrario dei caduti a Cella di Varzi in memoria di tutti i caduti di guerra compresi quelli delle missioni di pace e una copia bronzea del bozzetto è stata regalata all’allora presidente della Repubblica Ciampi in occasione della sua visita a Pavia, il quale gli ha rivolto parole di vivo apprezzamento assicurandogli che l’opera rimarrà tra le raccolte artistiche del Quirinale. Passiamo ora alle opere esposte che di nuovo rivelano una straordinaria energia e v oltre la realtà percepita, spaziando nei meandri della mente e cogliendo l’inconscio collettivo cioè interiorizzando i grandi problemi della realtà umana: la vita , la morte, l’amore, il divino che anima il tutto.
Si noti che la panoramica delle sue creazioni non è completa perché mancano i pezzi si trovano presso collezionisti e committenti di tutta Italia e all’estero(fino al lontano Brasile) dato che la sua fama si è allargata. Eppure egli non punta al successo effimero né solo al guadagno fine a se stesso, come certi suoi “colleghi” che si ammantano di sperimentalismi per coprire le loro lacune, perchè è un professionista serio che ha cose nuove da dire, come dimostra il suo percorso.
De Paoli ha bene in testa le testimonianze degli autori classici, in primis Michelangelo e Caravaggio, che gli hanno fornito una solida base conoscitiva, del surrealismo di Dalì e sopratutto di un protagonista del futurismo italiano come Boccioni e della scuola metafisica come De Chirico. Il Nostro ha una speciale assonanza con il primo per la tematica religiosa, come si nota nell’emblematico dipinto della Crocifissione pieno di drammaticità e con l’ultimo per la predilezione verso la dimensione spaziale.Tuttavia il suo stile personalissimo non è frutto di imitazione ma di incessante ricerca in anni di lavoro che hanno affinato la sua manualità e la sua inventiva.
Egli tiene anche conto degli apporti critici della letteratura novecentesca (Svevo, Kafka, Proust e Pirandello in particolare) che servono a riempire di contenuti le proprie creazioni. La sua forte padronanza compositiva e la sua inesauribile fantasia, il suo gusto materico fanno il resto.
La carica onirica dei sui lavori è dunque finalizzata alla ricerca dell’essere, pur senza le ambiguità problematiche di Dalì e le angosce di Magritte, che nasce da una reale consapevolezza etico-estetica.
L’artista non nasconde il suo sgomento davanti a un mondo sempre più inaridito, al dramma dell’amara solitudine e della mancanza di risposte vere e di soluzioni alla crisi morale e del nostro tempo, che pare accompagnarsi a un allarmante sconvolgimento planetario.
Ma secondo lui occorre reagire andando contro-corrente e riallacciarsi alla grande tradizione artistica per rivisitarla e cercare la verità oltre l’apparenza.
Questo è il tema dominante della sua produzione: il contrasto tra l’ io e il non io, tra l’essere e la sua ombra, che fa pensare alle grandi tematiche di Pirandello e Bergson e fa riferimento in un certo senso agli antichi miti greci, ma punta hegelianamente alla conciliazione dei contrasti attraverso una specie di mistica della materia proiettata nello spazio.
I corpi maschili e femminili da lui scolpiti con maestria sono colti con meraviglia crecsente, diventando le icone di una pura bellezza non solo sessuale.

Tuttavia il dramma dell’incomunicabilità li pervade dal di dentro e li rende persone senza volto che non riescono ad armonizzarsi fra loro, ad amarsi.
Si direbbe che De Paoli voglia scavare nell’anima dei contemporanei interpretando il loro malessere e indicar loro la strada per tagliare le troppe pastoie che li avvincono e combattere le troppe banalità per aiutarli a ritrovare la loro libertà. Infatti tutto contribuisce a omologare` gli uomini,visti prevalentemente come fruitori di prodotti e di mode.
Il suo è quasi un appello per un nuovo umanesimo, in tacita polemica con il tecnicismo e meccanicismo dilaganti capaci di offuscare i sentimenti e porre barriere nel rapporto con la natura e i propri simili malgrado l’apparente libertà offerta da Internet.
Ciascuno di noi è strumentalizzato ma non lo sa, diventando la semplice pedina di un mondo globalizzato, incapace di vere emozioni e di spazi propri, vittima di un consumismo che genera talvolta disperazione e sempre falsi bisogni.
L’anelito fichtiano di cercare di spostare gli ostacoli è infatti comune a molte sue sculture: anche se il soggetto trova enormi resistenze nel momento in cui si impegna con tutte le forze nell’intento e deve accontentarsi di spostare i limiti solo parzialmente per ritagliarsi uno spazio, ben consapevole che l’insoddisfazione è propria della condizione umana.
Occorre partire dalla coscienza di tale limitatezza se si vuol tentare di rispondere alle tante domande che spesso non trovano risposte, sul senso delle nostre azioni, sul valore dei nostri sentimenti.
Bisogna però imparare a guardare oltre e più in alto perché i sensi possono ingannare.
Di qui la tendenza alla verticalità delle sculture, che trova una precisa spiegazione.
Il soggetto si libera quando è in grado di avere un rapporto positivo con sé stesso e con gli altri, mettendo da parte l’egoismo e la voglia di possesso. Come diceva il grande Michelangelo l’uomo deve ritrovare il vero senso della vita e deve battersi per comunicare platonicamente a tutti il valore di tale conquista.
Un mondo migliore non si realizzerà quindi né con le guerre, né con le rivoluzioni e nemmeno con il mito illusorio del benessere, ma con il pensiero.
Forse l’arte può aiutare.

G.D.

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