Intervista con De Paoli

Nelle mie opere cerco di trasmettere qualcosa che vada al di là delle immagini

Antonio De Paoli, 53 anni, di origini oltre-padane, è scultore e scenografo. Si laurea nel 1989 a pieni voti all’Accademia delle Belle Arti di Brera. La scenografia lo introduce nel mondo della produzione artistica, prima alla Fininvest, successivamente in Rai come scenografo “titolare”, lavorando alla realizzazione di alcuni programmi: “Paperissima”, “La Melevisione”, “Solle-tico”, il “Giro d’Italia”. Si avvicina all’attività artistica verso la fine degli anni ’90 con il ciclo pittorico, la “Porta del Giubileo” e le 14 formelle della via Crucis nella chiesa di San Vittore a Casorate Primo.

L’impronta artistica parte dal mondo classico e rinascimentale, legato alla metafisica e al neosimbolismo. Teatro e “bottega” delle sue creazioni diviene lo studio d’arte a Corvino San Quirico, tra i suggestivi poggi verdeggianti dell’Oltrepò. Nelle opere De Paoli cerca sempre di trasmettere qualcosa che vada al di là dell’immagine, che evochi il personaggio o gli avvenimenti sacri. Le tematiche sono varie: si passa dai temi sociali a quelli storici, da quelli cristiani ai concetti astratti, legati al mondo moderno dove l’uomo è sempre protagonista.

L’arte sacra diviene l’epicentro della produzione di De Paoli: enti pubblici, soggetti privati, enti ecclesiastici gli commissionano lavori di pittura e scultura, tra i quali si segnalano le sculture in terracotta per l’eremo di Sant’Alberto di Butrio e le statue di San Luigi Versiglia e San Luigi Orione per la facciata della chiesa parrocchiale di Lungavilla. La sua sensibilità e la sua intuizione artistica sono alla base di due opere che spiccano per autenticità e trasporto emotivo: la scultura monumentale posta sulla tomba di Davide Achilli, vigile del fuoco deceduto in servizio a Voghera, e la statua di Giovanni Parisi, pugile tragicamente scomparso, che oggi campeggia di fronte alla sede della Boxe Voghera.

Dal 2013 ad oggi ha vinto dieci concorsi internazionali, portando avanti, in contemporanea, l’attività di scultore in tutta Italia. L’ultimo vinto, quello relativo al progetto della chiesa all’aperto, per quanto riguarda la realizzazione dell’altare e della statua dedicata a San Francesco, nelle vicinanze di Assisi, nel luogo dove il Santo predicò agli uccelli. De Paoli, il suo nome in Oltrepò è legato in particolar modo a due sculture monumentali da lei realizzate: una dedicata alla memoria di Giovanni Parisi, l’altra di Davide Achilli, vigile del fuoco deceduto in servizio.

Come nasce l’idea di una scultura monumentale e nel caso specifico come è nata l’idea di rappresentare proprio “in quel modo” Davide e Giovanni?

«Le opere sono nate da due committenze diverse: per Davide Achilli, la realizzazione dell’opera mi è stata commissionata nel 2010 dal padre, che desiderava un busto tridimensionale che rappresentasse un vigile del fuoco in azione. Invece, per quanto riguarda Giovanni Parisi, la committenza nacque 4 anni dopo ad opera di Antonio Perugino, amico dell’atleta e fondatore dell’Associazione “Tutti insieme per Parisi” e fu inaugurata nel 2016. Anche in questo caso, come per Achilli, ho desiderato rappresentare l’individuo in movimento, nell’atto del combattimento».

Ha avuto piena libertà nella creazione delle opere o spesso chi le commissiona ha delle esigenze che limitano o indirizzano la sua creatività?

«Diciamo che il 70% delle opere che creo, sono progettate ed eseguite con un certo margine di libertà e autonomia. Mi viene dato tempo e spazio per realizzare l’idea. A volte ci sono eccezioni legate a committenze molto specifiche, dove non posso agire in autonomia. Ad esempio nel caso del gruppo Alpini di Abbiategrasso, che mi commissionò un monumento montato su una rotonda in centro città. In quel frangente non ebbi la possibilità di progettare, ma solo di realizzare. Anche per quanto riguarda i concorsi, i vincoli sono parecchi… sia in materia di dimensioni che di tematiche, spesso indicate nei bandi».

Quanto tempo ha impiegato per la loro realizzazione?

«Dipende dal materiale, dalla struttura e dall’iter di realizzazione dell’opera. Tendenzialmente, si parte dalla creazione di un modello in scala reale e successivamente viene fatto lo stampo siliconico, in cera o in bronzo, da parte di una fonderia artistica. Posso dire che, mediamente, un monumento viene ultimato in nove mesi. Naturalmente tenendo conto di eventuali allungamenti in merito alla burocrazia e alla ricerca dei materiali…».

De Paoli, nel suo curriculum figura una lunga carriera tv in qualità di scenografo. Tra i programmi tv più celebri di cui ha curato la scenografia “Paperissima”… Quanto lavoro c’è dietro la realizzazione di una scenografia?

«Diciamo che ho sempre lavorato come assistente scenografo, in quanto affidata-rio della progettazione della scenografia; la realizzazione viene solitamente appaltata a ditte esterne che si occupano di scenotecnica, oppure a laboratori di falegnameria. L’esperienza legata a “Paperissima” è stata molto divertente e interessante, trattandosi delle prime edizioni del programma. Anche in questo caso mi è stato dato un ampio margine di libertà nella realizzazione degli scenari, rapportandomi sempre e comunque alle indicazioni del mio capo.

Una volta approdato in Rai, sono diventato scenografo titolare a tutti gli effetti; tra le mie esperienze, ricordo con piacere “Solletico”, “La Melevisione” e soprattutto “il Giro D’Italia”, per il quale ho realizzato uno studio mobile. Dal 2000 in poi la mia vita cambiò radicalmente, in quanto a Milano si respirava aria di crisi e gli scenografi venivano chiamati dalla sede di Roma.. questo mi portò davanti a un bivio. Trasferirmi a Roma o continuare la mia carriera milanese? Da qui arrivai al cambio di rotta…».

Mi ricollego alla domanda precedente: questo cambio di rotta portò ad un avvicinamento all’attività scultorea. Come iniziò questa passione?

«Qui dobbiamo tornare indietro di qualche anno, perché questo cambiamento arriva da una passione che già portavo avanti in contemporanea all’attività di scenografo: il restauro. Già mi occupavo del ripristino degli affreschi delle chiese. Dalla conoscenza con Don Sante Torretta, parroco di Casorate Primo, nacque un grande rapporto professionale e di amicizia. Gli prospettai l’idea di occuparmi del ciclo pittorico ex novo delle due cappelle laterali e dell’abside della chiesa di San Vittore; immediatamente mi misi subito al lavoro, progettando come farebbe un maestro rinascimentale. A partire dagli ultimi anni ’90 iniziai a lavorare come scultore; il mio primo lavoro fu la creazione di 14 formelle della via Crucis nella chiesa di San Vittore a Casorate Primo.

Nel 2000 creai la “Porta del Giubileo” inaugurata da Monsignor Ravasi, rappresentazione della storia della cristianità dalla Bibbia ai tempi nostri, ultimata nel 2002 con la creazione delle due porte laterali. Nel 2004 realizzai un altorilievo in terracotta all’ingresso dell’eremo di Sant’Alberto di Butrio, dedicato al Miracolo del Pozzo. Nel 2008, mi occupai della grotta sottostante all’abbazia con la statua dedicata al Santo. Tra le opere più recenti, ricordiamo il monumento dedicato a Don Remotti, sito a Casalnoceto.

Tra gli ultimi lavori più importanti il monumento dedicato ai Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Lodi e il complesso scultoreo dedicato alla Guardia Costiera di Livorno. Il tema che ho scelto per l’opera è attualissimo, ovvero il soccorso in mare, per il quale sono mobilitati da anni uomini e mezzi della Guardia Costiera. L’opera si caratterizza per la stilizzazione di una prua (3 X 5 metri) in marmo di Carrara, che interromperà la cancellata davanti alla sede; sotto di essa sono state scolpite le onde, mentre un blocco in cemento ha ospitato due pannelli bronzei. Sul primo è stata raffigurata una scena di salvataggio in mare (con mani e braccia tese nello sforzo del soccorso), sul secondo sono raffigurati i mezzi di soccorso (elicotteri e motovedetta)».

A che movimento appartengono le sue opere e quali sono le tematiche affrontate?

«è una domanda interessante, anche perché non è facile rispondere… al di là delle varie correnti artistiche, mi considero un po’ un outsider. La mia base di partenza è sempre e comunque il mondo classico e rinascimentale, legato alla metafisica e al simbolismo. Potrei definirmi un neosimbolista, figurativo, ma non troppo! Nelle mie opere, cerco sempre di trasmettere qualcosa che vada al di là dell’immagine, che evochi il personaggio o gli avvenimenti sacri. Le tematiche sono varie: si passa dai temi sociali a quelli storici, da quelli cristiani ai concetti astratti, legati al mondo moderno».

Ad un certo punto della sua carriera si è dedicato all’arte sacra: dalle sculture in terracotta per l’eremo di Sant’Alberto di Butrio alle statue di San Luigi Versiglia e San Luigi Orione per la facciata della chiesa parrocchiale di Lungavilla. Da dove è giunta l’ispirazione per gli affreschi e l’arte sacra?

«Le opere nascono sempre da committenze pubbliche e private. In questo caso, il passaggio da pittura a scultura è nato da una casualità, legata appunto all’incontro con Don Sante Torretta, anche se la mia attività di scultore è nata in studio parallelamente all’attività di scenografo. Dai primi anni ’90 ho sentito l’esigenza di rendere i miei quadri tridimensionali, le forme tendevano a uscire dalla composizione e da qui la necessità di farle diventare sculture vere e proprie. Questo è stato il punto di partenza per la mia arte scultorea… dal 2010 in poi, mi sono avvicinato un po’ di più all’arte laica e alle opere pubbliche, con la creazione dei monumenti dedicati a Giovanni Parisi e Davide Achilli».

Teatro e “bottega” delle creazioni di De Paoli è lo studio d’arte a Corvino San Quirico. Corvino e l’Oltrepò in generale le sono di ispirazione?

«Corvino San Quirico è stata la casa di campagna dei miei antenati. Ho trasformato in atelier la cappella di famiglia, risalente al ‘600. Sì, posso dire che il territorio dell’Oltrepò mi dà la serenità e la tranquillità necessaria a coltivare l’ispirazione, soprattutto per il fatto che lo studio è collocato in una posizione di mezzo, tra il paese e la campagna…. Confesso che, a volte, sembra di stare in un’altra epoca…».

Di De Paoli dicono: “artista pavese, costantemente alla ricerca di nuove forme e plastica rappresentatività per raccontare l’uomo e il suo territorio”. Sta già lavorando per il futuro in questa direzione?

«Certo, cerco sempre di capire il rapporto che lega l’essere umano al territorio e al suo tempo. Sto lavorando al progetto per la chiesa, sita nelle vicinanze di Assisi… al momento mi trovo a Carrara, alle prese con la ricerca del marmo per la realizzazione dell’altare e della statua dedicata a San Francesco». Ritiene l’Oltrepò e gli oltrepadani “dotati” di sensibilità artistica? «Posso dire che l’Oltrepò Pavese sia più generoso di altri territori… Voghera, in alcune cose, è più aperta di Pavia…. Infatti, oltre alle due statue delle quali le ho parlato, nel 2012 ho realizzato anche il monumento dedicato a Davide Achilli, montato su roccia dolomitica, posto davanti alla caserma dei Vigili del Fuoco».

di Federica Croce

fonti:

Intervista con De Paoli

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